Una tranquilla giornata d’autunno. Un giro in canoa e poi il rumore di un incidente e il chirurgo Simone Segre (Alessandro Gassmann) si ritrova a soccorrere un uomo con, presumibilmente, un’arteria che perde molto sangue. Presta un primo soccorso, usa la cintura del suo giubbotto per fermare l’emorragia ma poi vede che sul petto e sul braccio dell’uomo sono tatuati simboli nazisti. Istintivamente, dopo uno scambio di sguardi con l’uomo ancora cosciente, il dottore decide di togliere la cintura e esce dall’auto. Quando l’ambulanza chiamata dal dottore arriva, l’uomo è morto. E con il campo medio di Simone a testa china davanti all’ambulanza, si conclude l’incidente che da inizio a tutta la vicenda narrata. Da quella testa piegata inizia l’elaborazione di ciò che è accaduto e per l’uomo un tentativo per rimediare a quel gesto.
Quella descritta è la prima scena di Non odiare, opera prima – dopo 15 anni passati a girare corti più volte in short list a Cannes Lions – di Mauro Mancini, presentata alla 35a Settimana Internazionale della Critica alla 77esima Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Il gesto narrato trae spunto da un fatto di cronaca dove in una condizione completamente diversa perchè ci si ritrovava in un ospedale in Germania nel 2010, un medico ebreo chiese ad altri colleghi di sostituirlo perchè non poteva operare un uomo con una svastica tatuata sul petto; la sua coscienza glielo impediva. Il regista, anche sceneggiatore con Davide Lisino, ha iniziato a ragionare su quel gesto, su cosa significhi – anche se non si è vissuto direttamente l’odio che imperversava contro gli ebrei in Europa durante la Seconda Guerra Mondiale – ereditare quel male e così è nato la sceneggiatura del film dove per il ruolo di Simone è stato scelto Alessandro Gassmann e per i figli del nazista morto: Sara Sarraiocco e Luka Zunic.
Visivamente il regista ci presenta Simone come un uomo solo che abita una casa dal soffitto molto alto, con un arredamento curato ma che lascia tanto spazio al vuoto del quale l’uomo ha bisogno o che forse, non sa colmare. Sicuramente i suoi spazi entrano in perfetto contrasto con quelli della casa paterna dove l’uomo torna quando il padre – che non vedeva da anni – muore. Una casa stracolma di oggetti che piano piano sveleranno all’uomo le paure del padre e i segreti che l’uomo non aveva mai confessato. Segreti che hanno molto a che fare con l’unica frase che gli sentiamo pronunciare: l’uomo è con il figlio (Simone) ancora bambino quando lo costringe a scegliere un solo gattino in una nidiata di 5 e a uccidere, affogandoli, tutti gli altri. “Sai che a volte dobbiamo fare anche cose che non ci piacciono. Forza, scegli il più bello”.
Molto azzeccata la scelta di Trieste che con le sue geometrie, le sue infinite sfumature di colori scuri che aiutano lo spettatore ad entrare perfettamente negli abissi in cui si ritrova a vagare il protagonista. La Trieste dalla quale l’odio contro gli ebrei venne apertamente dichiarato con l’annuncio di Benito Mussolini dell’entrata in vigore delle leggi razziali il 18 settembre 1938.
Ma precisiamo che il film sa indagare oltre la dicotomia tra Storia e vicende personali degli uomini perchè analizza ciò che resta negli animi anche di chi quella storia non l’ha vissuta ma ne porta i segni nelle viscere del proprio io, senza sapere neppure il perché. Vale per Simone e vale per i figli dell’imbianchino nazista che ha trasmesso determinati valori ai figli. Nel secchio di un anziano di colore che Marcello getta a terra, nei pugni contro Simone o nelle parole d’odio contro i migranti che il giovane ancora studente vomita, c’è quel razzismo tramandato e che in Marcello ha attecchito benissimo e che in Marica forse non completamente.
Molte scene risultano molto ben trattenute e soprattutto Alessandro Gassmann, in una delle sue migliori performance, sa far vibrare in perfetta sospensione i sentimenti che dominano il suo personaggio.
Nella nostra intervista il regista afferma che gli piacerebbe che il suo Non odiare non rimanesse solo il titolo di un film ma un nuovo comandamento laico. Purtroppo i casi tremendi di cronaca di questi giorni devono spingere tutta la società e la classe politica a intervenire perché si affronti questa nuova ondata d’odio così diffusa.
giovanna barreca