Per chi non conosce la vicenda di Santa Scorese, seguendo l’inizio del documentario Santa Subito di Alessandro Piva, presentato alla Festa del cinema di Roma, sembra di ascoltare le testimonianze di amici e la voce di una ragazza piena di vita, con il sogno di diventare missionaria, una volta finita l’università. Nel 1991 Santa era “come un gabbiano che vuole andare verso il sole” e che in una lettera chiedeva all’amica se era pronta a calarsi nella realtà di ogni giorno con la voglia di rivoluzionarla. Santa viveva così la sua vita da giovane di vent’anni nella provincia di Bari, con accanto i genitori, la sorella e tanti amici e amiche della parrocchia.
Ascoltarne i pensieri attraverso le sue lettere ne restituisce tutta la vitalità e l’autenticità di una giovane donna piena di domande e di attese per il futuro.
Nella seconda parte del documentario, vincitore del premio del pubblico BNL, si scopre – dalle testimonianze dei parenti e degli amici – che la notte del 15 marzo 1991 Santa Scorese è morta. A soli 23 anni è morta per mano di un ragazzo che la perseguitava già da 3 anni e che aveva deciso di aspettarla sotto casa e di ferirla con 13 coltellate. In quegli anni non esisteva il reato di stalking e, pur denunciato ai carabinieri, l’assassino non era stato fermato. Nessuno era potuto intervenire per proteggere la giovane, figlia di poliziotto. Nessuno, neppure gli amici che erano soliti accompagnarla a casa. Si trattava di una tragedia annunciata che si sarebbe potuta evitare, perché era chiaro a tutti che l’uomo viveva un disagio mentale e lo Stato doveva fermarlo e curarlo.
Durante la nostra intervista abbiamo chiesto al regista, anche sceneggiatore con Laura Grimaldi, di raccontarci il perchè della dedica finale: “A chi resta” e abbiamo scoperto che è stato anche l’inizio della sua indagine. La conoscenza degli amici e della famiglia lo avevano aiutato a capire il peso avuto da questa giovane donna su familiari e amici che sono sopravvissuti alla sua morte così violenta e improvvisa.
Oggi, nel 2019, ogni due giorni una donna muore per mano di una persona conosciuta (familiare o altro) e ancora oggi le istituzioni non riescono a prevenire tutte le situazioni di pericolo, come ci ricorda giornalmente la cronaca.
Il documentario ha la forza di saper raccontare e quasi mostrare i sogni interrotti di Santa. Ci restituisce, con un linguaggio cinematografico privo di retorica, quanto questa ragazza avrebbe potuto dare alla vita se non fosse stata brutalmente uccisa.
La vicenda di Santa, a distanza di 30 anni, è nota anche perché la giovane scriveva lettere a Dio chiedendogli di dare una svolta alla sua esistenza e tali scritti, le testimonianze dei suoi sacerdoti e la sua tragica fine hanno portato ad una richiesta di santificazione. Oggi Santa Scorese e “serva di Dio”.
Il film è prodotto da Fondazione Con il sud e da Fondazione Apulia Film Commission.
giovanna barreca