Interdependence è il film collettivo composto da 11 cortometraggi che vogliono raccontare diversi atteggiamenti che l’uomo assume rispetto alla natura, utilizzando i 4 elementi come base della narrazione: terra, aria, acqua, fuoco. Il film, presentato alla Festa del cinema di Roma come evento speciale, è una produzione Art for The World, ong associata al dipartimento Onu dell’informazione pubblica (UNDPI), fondata da Adelina von Fürstenberg.
Art for the world sviluppa programmi educativi di sensibilizzazione e distribuirà il film attraverso Ebu (Unione Europea di Radiodiffusione) nelle scuole, nei musei e in tutti i luoghi dove sarà possibile proiettarlo per sensibilizzare l’opinione pubblica e stimolare un cambiamento diretto e attivo della popolazione mondiale. Ai nostri microfoni la fondatrice sottolinea quanto tutto il gruppo e i registi coinvolti si siano impegnati per realizzare il progetto in tempi brevi perché “la situazione è grave e non è più possibile aspettare”.
Ogni autore internazionale ha usato uno stile diverso e storie spesso molto lontane tra loro, lavorando sulla sintesi richiesta dal cortometraggio. Unica cosa che li accomuna è il mettere lo spettatore nella condizione di comprendere lo stato delle cose oggi. Non c’è più tempo per aspettare: la situazione ambientale stia peggiorando, causando danni irreparabili.
Shahrbanoo Sadat, autrice afghana mette in scena una piccola storia che denuncia come i cambiamenti climatici mettano a rischio anche i cibi che possiamo mangiare. Usando lo stile delle vecchie comiche con tanto di color seppia, didascalie ad accompagnare le immagini e l’idea della pellicola rovinata dall’usura, mostra un gruppo di donne intente alla preparazione di cubetti di un prodotto simile al burro che, se non si avranno pascoli per gli animali e acqua pulita, non sarà più possibile produrre.
Così in Afghanistan ma passando per la Cina, con il corto diretto da Leon Wang, si scopre che anche il pesce è a rischio, in Nuova Zelanda il corallo muore a causa del turismo di massa (corto diretto da Karin Williams). Asa Hjorleifsdottir denuncia i cambiamenti prodotti dallo scioglimento dei ghiacci in Islanda, tema sul quale torna anche il corto della svizzera Bettina Oberli. Le tribù indigene Xingu dell’Amazzonia hanno un legame vitale con il fiume ma questo diventa sempre più inquinato mettendo a repentaglio la loro sopravvivenza, come denuncia Daniela Thomas nel corto da lei diretto con un’immagine finale molto forte che mostra lo stesso fiume che, arrivato in una grande città, cambia colore ed è pieno di spazzatura a sostanze tossiche. Sull’acqua galleggia metaforicamente il corpo di una bambola.
Silvio Soldini, scelto anche perchè Milano, la sua città, ha serissimi problemi legati alla qualità dell’aria, racconta la storia di una famiglia della periferia milanese dove c’è una mamma lavoratrice e un nonno – con problemi respiratori – che si prende cura del nipote. Leggono il giornale, anche se la mamma non vorrebbe che il piccolo conoscesse già le brutture del mondo, e si raccontano storie. Un giorno, saltando la scuola nonno porta il nipote dall’Olmo piantato da bambino nel suo vecchio quartiere. Un quartiere dove ci sono sempre più case e dove l’uomo sembra non ritrovare il suo vecchio albero con quale condivide il nome. Una storia sulla trasmissione, una piccola storia di una città che cresce, si sviluppa ma dove diventa difficile respirare, trovare una fonte d’ossigeno.
Sulle difficoltà respiratorie, accennate da Soldini, torna anche il corto girato in India da Nila Madhab Panda e quello girato in Marocco da Faouzi Bensaidi.
giovanna barreca