Ascolta l’intervista di RADIOCINEMA, a cura di Giovanna Barreca, a:
In concorso opere prime e seconde in tempo di metamorfosi. Per il 28esimo anno il festival di Sulmona, nonostante tutto, offrirà un calendario di eventi sempre importanti e sempre unici per la qualità e l’interesse che susciteranno degli spettatori della cittadina abruzzese. ndo lo spirito di Ovidio e delle A seguire l’intero programma:
L’Aquila, questi fantasmi
Sezione dedicata alle varie tipologie di rappresentazione del dopo-tragedia, la vita nei campi e la (non) ricostruzione della città di L’Aquila, con alcuni esempi di film indipindenti che mostrano alcune delle realtà vere dietro la pseudo-rappresentazione ufficiale voluta dai media e dalle televisioni di stato, tra cui segnaliamo il film di apertura del festival, Ju Tarramutu di Paolo Pisanelli, e l’incontro dedicato a questo focus a cui, oltre a Gianfranco Rosi, Gianfranco Pannone (di cui si era visto l’anno scorso il corto realizzato con gli allievi dell’Accademia dell’Immagine basato su un racconto di Ignazio Silone per fare un instant movie dedicato alla tragedia), parteciperà anche Sabina Guzzanti, l’autrice di Draquila, tra le più dissacranti testimonianze riguardo il popolo aquilano dotatosi delle carriole per far di nuovo parlare di loro, dopo il silenzio calato sulla catastrofe visto che ormai le consegne delle case nuove erano avvenute in gran pompa via tv.
Il giro del mondo in solitario: omaggio a Gianfranco Rosi
A partire dal primo documentario poetico su un barcaiolo del Gange nella città santa in India, benares, Boat man, passando per il già noto Below Sea Level, ambientato in una “terra di nessuno”, a 40 metri sotto il livello del mare, in una base militare semi-dismessa a 250 km a sud-est di Los Angeles, fino al recente El sicario, Room 164 sul killer della narcomafia messicana che sta facendo il giro dei festival internazionali – si può seguire lo sguardo di Gianfranco Rosi, tipico cineasta italieno (per nascita, per poetica e per produzione, ad esempio i fondi per El sicario arrivano dal canale franco-tedesco, Arte). La sua supervisione contrassegna il corto girato assieme agli allievi dell’Accademia dell’immagine di L’Aquila in L’Aquila, un anno dopo, girato il 6 aprile 2010 tra la fiaccolata e le lacrime versate dai cittadini della città fantasma – per ora.
Rom Caput Mundi
In questa sezione si esplorano diverse realtà vissute in Italia e in Europa nel corso del secolo scorso fino a oggi dai rom, dove l’essenza gitana corrisponde all’essere fuori schema e in opposizione a tutti i miti operanti nella società contemporanea. La colonna senza fine di Elisa Mereghetti è una narrazione collettiva dell’odissea di un gruppo di rom rumeni arrivati a Bologna, dal 2002 al 2007, sfrattati più volte dal sindaco Segio Cofferati e sostenuti nella lotta per i loro diritti alla casa e al lavoro dal movimento dei no-global. Mein Haus stand in Sulukule (t.l. La mia casa era a Sulukule) di Astrid Heubrandtner (produzione austriaca, girato in Turchia) racconta la distruzione del quartiere omonimo di Istanbul a favore di nuove costruzioni, quando questo sarebbe stato da proteggere essendo il più antico insediamento di cittadini rom nel mondo (si parla nel film di oltre 600 anni di sedentarietà e attività nel campo musicale, organizzazione di feste e artigianato). Hard Lines (tit. originale: Borsod Sorsod) di Istvan Nagy descrive il percorso di due adolescenti, uno di origini rom e l’altro della middle class ungherese della zona nord orientale dell’Ungheria, entrambi invischiati in attività criminali: i due si incontrano nello stesso ufficio dei giovani in libertà vigilata. Quali sono le differenze rispetto al background socio-culturale in età adolescenziale? “Nessuna”, ci dice l’autore del documentario.
“La musica dell’aldilà” : Lezione magistrale di Fabio Frizzi
Assumerà più importanza la relazione cinema e musica, sperimentando oltre alla classica lezione magistrale alcune incursioni in abbinamenti tra linguaggio visivo e linguaggio musicale. Quest’anno l’ospite è Fabio Frizzi, un figlio e un fratello d’arte. Suo padre era Fulvio, il presidente della prestigiosa Cineriz, e lui è il fratello maggiore di Fabrizio, il presentatore televisivo. IL grande successo per Fabio era arrivato nel 1975 grazie alla colonna sonora di Fantozzi di Luciano Salce, composta insieme a Franco Bixio e Vince Tempera, con i quali formò un trio che creò diverse colonne sonore (tra le quali, quelle famose di Febbre da cavallo di Steno nel 1976 e del suo remake del 2002 Febbre da cavallo – La Mandrakata di Carlo Vanzina, e la bellissima Sette note in nero di Lucio Fulci nel 1977, il cui tema verrà ripreso da Quentin Tarantino in Kill Bill vol 1.). Fabio Frizzi ha poi iniziato una carriera da solista, gravitando soprattutto nei tv-movie e nel cinema di genere, diventando uno dei collaboratori prediletti di Lucio Fulci, per il quale ha firmato le musiche di Luca il contrabbandiere, Zombi 2, Paura nella città dei morti viventi, Manhattan Baby, Il gatto nel cervello e L’aldilà – … e tu vivrai nel terrore. Quest’ultimo titolo sarà presentato al festival in omaggio a Frizzi.
Dato l’aumento nella produzione di documentari interessanti per argomento e per linguaggio verificatosi negli ultimi anni in Italia, si apre una nuova sezione con un occhio di riguardo a temi di attualità politico-sociale. Tra i titoli segnaliamo, Magna Istria di Cristina Mantis sulle ricette perdute della nonna istriana; Changement, l’histoire à travers les yeux des guinéens (t.l. Cambiamento, la storia attraverso gli occhi degli abitanti della Guinea) di Chiara Cavallazzi, film autoprodotto dato che nessuno (!) aveva dimostrato interesse per narrare un Paese tenuto in scacco dal regime militare e le lotte affannose di un popolo tenuto in una morsa mortale con il tacito benestare della Comunità internazionale. Dell’Africa ci parla anche Les fleurs à la fenetre (t.l. I fiori alla finestra) di Giovanni Princigalli, in cui si descrivono i sogni dei bimbi in Camerun che non si avvereranno ma grazie alla trasformazione in opere artistiche danno sollievo a una vita segnata dalla povertà materiale.
Utopie sintetiche: Rapsodia digitale
In una realtà che sembra sfilacciata e scomposta in mille pixel diversi tra i tanti messaggi che ci bombardano giorno per giorno, le Utopie sintetiche del 2010 sono materiali difformi, formati che si mischiano e sembrano inconciliabili se non fossero “rapsodiati”. I fili dell’utopia uniranno in una trama unica i virtuosismi coreografici di John Woo, laddove il suo cinema si fa videogioco e a sua volta racconto verista di chi lo sta giocando (John Woo’s Stranglehold di Federico Ercole e Alberto Momo, andato in onda a “Fuori Orario” su Raitre in occasione del Leone d’oro a Venezia 2010 al maestro di Hong Kong). La musica di Francis Kuypers è trasformata in immagine dalle note-macchina da presa del suo stesso autore (Transfiguration e Citizen Cake) dove il digitale annulla il tempo. Il teatrino sconcio della politica italiana si rivela in una “vera” soap opera (Beatiful Lab, ideato da Tiwi e Effecinque andato in onda su Sky.it); il passato in super-8 di Halima rivive nel suo presente digitale (nell’opera di Maicol Casale), e la dialettica tra formati differenti diviene discorso tra tempi diversi dell’esistenza. Mentre il Don Giovanni di Carmelo Bene ci appare come un (ri)epilogo di tutte le vite (a cura di Fulvio Baglivi). “La realtà tornerà a essere tale, prima di crollare quando le immagini finiscono e i suoni cessano? O siamo stati soltanto in un’altra realtà e la nostra non esiste più nell’infinito accavallarsi di sensazioni che ci cullano nella nostra vita, alimentando in noi l’illusione di essere vivi?”, si chiede il curatore della sezione, Federico Ercole.
La metamorfosi della sala
L’incontro prende spunto dall’esperimento chiamato Traverse City ad opera di Michael Moore nel Michigan: egli ha rilevato una sala cinematografica del centro di una piccola città turistica decaduta e che ora funziona tutto l’anno con un festival che ne diventa il momento magico (come a Sulmona è stata presa in gestione la sala centrale “Nuovo Cinema Pacifico” dall’Associazione Sulmonacinema che organizza il festival, facendola funzionare tutto l’anno). Grazie a Traverse City, un centro decaduto del Michigan è diventato vettore culturale di crescita economica. L’incontro progettato durante Sulmonacinema è sul contributo del consiglio d’Europa alla ristrutturazione e al rimodernamento delle sale cinematografiche cittadine, dei centri storici, dei piccoli centri, insomma gli “extramultiplex” da trasformare in ‘laboratori’ non solo di ‘altro cinema’ ma anche di alta tecnologia (digitale e 3d) e di offerta multidisciplinare e poliartistica (musica, happening, installazioni, new dance, teatro…). Vorremmo che il patrimonio sala cinema diventi vettore di crescita del territorio basata sulla modernità, non sulla nicchiosità, della sala cinema, e dunque che l’Europa aiuti le zone particolarmente depresse sia economicamente (chiusura fabbrica, disoccupazione) sia i luoghi di catastrofi naturali. Ricordiamo che l’anno scorso il film The American con George Clooney fu girato nell’Abruzzo proprio per questo motivo, portare un progetto cinematografico (e quindi lavoro e denaro) nella zona distrutta dal terremoto. Di un esempio andato a buon fine e che a settembre ha festeggiato i sette anni di esistenza con sempre maggiore successo di critica e di pubblico parla Bìrò Tìbor, fondatore e direttore dell’International film festival di Miskolc e di una sala a due schermi nella stessa città, ex centro industriale oggi ristrutturato ai fini di stabilimenti multifunzionali nell’ambito del terziario trasformandosi in culla del turismo e della cucina e della cultura nella regione nordorientale Sorsod in Ungheria.