Ladislas Starewitch o più precisamente Vladislav Aleksandrovič Starevič nato a Mosca il 6 agosto 1882 e poi trasferitosi in Francia dove morì nel 1965, è considerato uno dei padri del cinema russo e soprattutto il pioniere del cinema d’animazione in stop motion anche se, per questioni politiche, il suo paese non lo ha riconosciuto tale per molto tempo.
La sua satira prevedeva l’uso di pupazzi, scarabei, formiche, volpi che impersonavano personaggi della vita reale dell’epoca intenti nei lavori più disparati: dal commerciante, al cantante, alla formica-operatrice cinematografica. La qualità stilistica e l’artiginalità del suo personaggi sono ancora oggi una fonte di ispirazione per tantissimi che lo studiano e ne ammirano la tecnica: Wes Anderson per il suo Fantastic Mr Fox ha più volte dichiarato di essersi immanorato della volpe Reynard, protagonista ne Una volpe a corte (Le roman de renard) girato dal regista russo negli anni ’30, utilizzando pellicce vere e legno. Il film traeva a sua volta spunto dal racconto omonimo di Goethe.
E il professor, storico del cinema Carlo Montanaro, all’interno della nona edizione del Ca’Foscari Short film festival ha scelto di rendere omaggio a questo grande artista nel suo speciale intitolato “C’era una volta il 3D”, affascinando i tanti spettatori presenti. Tra essi anche diversi registi del concorso internazionale del festival che nei loro percorsi scolastici non avevano avuto modo di visionare le opere di Starewitch e soprattutto i due straordinari inserti degli anni Trenta intitolati Come nasce e si anima una marionetta, grazie ai quali abbiamo potuto ammirare l’artista all’opera e ascoltare il racconto del suo lavoro mentre dava vita ai suoi personaggi inanimati.
L’aspetto più affascinante dei programmi di Montanaro è la sua capacità di affascinare il pubblico raccontato con passione i grandi del passato, rapportando sempre le loro opere all’oggi per rendere tutti consapevoli della maturazione del linguaggio filmico. Da dove deriva ciò che vediamo oggo? è il più della volta la domanda di base che guida il suo intervento.
Nella nostra intervista potrete ascoltare anche le sue riflessioni sul rapporto (forse oggi sbilanciato?) tra la dimensione dell’immagine e la scrittura del cinema.
giovanna barreca