Ricordate le valigie e gli ebrei in attesa del loro convoglio della morte nel piazzale del ghetto di Varsavia ne Il pianista di Roman Polanski? Ricordate il grido acuto delle stesse valigia ormai vuote e abbandonate in quello stesso piazzale ore dopo?
Difficile per ogni spettatore fare i conti con quell’urlo, con quel vuoto.
Esistenze delle quali non si sarebbe saputo più nulla perchè cancellate per sempre erano ormai raccontate dai pochi elementi.
L’eccezionale doc Who will write our history (Chi racconterà la nostra storia) di Roberta Grossman è come se ci permettesse di non abbandonare incustodite quelle valigie, come se ci permettesse di raccontarne davvero la verità e soprattutto restituire l’identità di quegli uomini, donne e bambini.
Gli ebrei nel ghetto di Varsavia erano consapevoli della propaganda nazista e di come, se avessero vinto la guerra, i tedeschi avrebbero raccontato la storia e così, un gruppo di intellettuali iniziò a raccogliere i diari, i racconti della sopravvivenza quotidiana all’interno di quel carcere a cielo aperto: “Le storie all’interno delle case condivise del ghetto”, come precisa la regista Roberta Grossman ai nostri microfoni.
Oltre 60000 documenti raccolti, nascosti sotto le case perchè sopravvivessero all’orrore e agli stessi scrittori, sono diventati oggi Patrimonio dell’umanità e Roberta Grossman nel documentario presentato alla Festa del cinema di Roma ha ricostruito la storia dei giovani resistenti (nome in codice Oyneg Shabes, la gioia del Sabato in yiddish) che crearono l’archivio. La regista utilizza una documentazione visiva – nata da anni di ricerche – di fortissimo impatto, soprattutto emotivo perchè legata alla voce narrante dei veri protagonisti, dei loro scritti, delle loro testimonianze.
La tensione di questi giovani che a rischio della vita scrissero, raccolsero foto, giornali, manifesti, poesie, canzoni, disegni è resa dalle parti di fiction girate in Polonia ma sono le pagine, le parole dei testimoni oculari che rendono il doc un film di enorme valore cinematografico e storico. Primo Levi e altri sopravvissuti testimoniarono dopo la Liberazione, i giovani dell’archivio denunciarono giorno per giorno fatti accaduti loro nel momento stesso in cui accadevano senza il filtro della memoria al solo scopo di trasmettere le loro storie alle generazioni future perchè quegli assassini e quelle violenze non si ripetessero mai più. Combatterono contro i nazisti e riuscirono a far sopravvivere la verità.
Nel doc c’è la vita reale nel ghetto: la morte nelle strade per fame, le violenze dei nazisti ma anche quella degli altri “ebrei-guardie”, la prostituzione, il mercato nero. Ci sono testi dove emerge la paura, la rabbia e altri dove trova spazio la speranza, l’ironia e il desiderio di vita e di umanità, nonostante tutte le barbarie.
Il pianista di Polanski aveva la voce e il corpo di Adrien Brody che nel film di Grossman presta la voce allo storico Emanuel Ringelblum, uno dei creatori dell’archivio e protagonista del film.
L’archivio è stato inserito nel registro della Memoria del Mondo dell’UNESCO.
Il documentario sarà distribuito in Italia grazie a Wanted Cinema e Feltrinelli Real Cinema.
giovanna barreca