La motivazione del premio “Gli occhi di Gandhi” ex aequo a Talien di Elia Mouatamid e Balon di Pasquale Scimeca recita: “Il viaggio forzato, in fuga dall’Africa, e quello volontario del ritorno in Marocco, ci restituiscono uno sguardo complementare su un tema cruciale che nessun europeo può più ignorare. Persone, affetti, storie rese con drammaticità e leggerezza laddove troppo spesso incontriamo solo numeri e stereotipi”. Un premio dato al Torino Film Festival a due opere che vogliono raccontare la nostra contemporaneità di uomini e donne in transito”.
Balon, nello specifico, inizia dal racconto – dal tratto documentaristico – della vita in un piccolo villaggio africano in Sierra Leone dove non arriva la corrente elettrica o l’acqua nelle case, dove si mangia una volta al giorno una ciotola di riso e i bambini frequentano una piccola scuola e giocano con un pallone, in una sorta di campo di calcio improvvisato. Una vita semplice, tragicamente interrotta dall’assalto di una milizia che uccide tutti. Sopravvivono solo un nonno e i suoi due nipoti. L’uomo spinge Amin, 10 anni e la sorella Isokè di 15 ad andare verso la Svezia, con l’idea che sia una terra a nord ma non così lontana. “Seguite il sole quando sorge: quello è est e poi quando tramonta: quello è ovest. Andate dritto oltre il fiume: quella è la strada per il Nord …”.
I due ragazzi iniziano il lungo, pericolosissimo viaggio attraverso il deserto, fino alla Libia dove vengono imprigionati e costretti a lavorare e poi, finalmente liberi, raggiungono uno dei barconi che dovrebbe portare in Europa. Attraversano il mare che per i migranti è come il deserto ma solo di un altro colore. E qui, come precisa il regista, si conclude il film perchè: “Da qui inizia il dramma che condividiamo tutti insieme. Cosa succede dopo? Perchè proviamo paura nei confronti di questi uomini, donne e bambini che arrivano sulle nostre coste? Perchè qualcuno continua ad alimentarla? Il film per me ha un valore se ogni spettatore, guardando i bambini protagonisti negli occhi, si ponesse questa domanda e cercasse la risposta nella sua anima”.
Il film è stato girato interamente in Africa perchè, come ci racconta anche nella nostra intervista il regista, il desiderio era di conoscere davvero la realtà dei ragazzi che cercano in tutti i modi di raggiungere le coste dell’Europa.
“Ero curioso di capire perchè rischiare la vita in un viaggio tanto terrificante e volevo scoprire tutto ciò che spesso neppure i migranti desiderano raccontare” continua Scimeca, supportato nell’operazione dai Missionari Padri Giuseppini del Murialdo che operano in Sierra Leone e nel villaggio di Rockain Mende dove si vive in simbiosi assoluta con la natura.
Come per Rosso Malpelo, anche per Balon il desiderio di produttori, regista e di tutto il gruppo di lavoro è che l’arte ritorni alla realtà per cambiare qualcosa e quindi tutti i proventi del film, in sala da febbraio 2018, verranno utilizzti per tornare in Sierra Leone, aprire una vera scuola, costruire un pozzo, un presidio sanitario per curare la malaria e portare un campo sportivo con palloni e divise per far giocare i bambini che sono la maggioranza della popolazione.
Nella nostra intervista scoprirete perchè Pasquale Scimeca parla di approccio viscontiniano, di preservare l’innocenza negli occhi dei piccoli protagonisti e molto altro.
giovanna barreca