Rosario e Sharon, due ribellioni, una voglia diversa di futuro

Silvia Luzi e Luca Bellino presentano in Sic Il cratere, il loro film cortocircuito tra realtà-finzione sul rapporto tra un padre e una figlia, lasciando nello spettatore tante porte aperte su un mondo sconosciuto ai più. La nostra intervista, in esclusiva, ai registi.
Intervista a Silvia Luzi e Luca Bellino a cura di Giovanna Barreca

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Avevamo una sceneggiatura e volevamo fortemente elementi di realtà da inserire. Volevamo un cratere nel cratere che è poi la famiglia e quindi un rapporto padre-figlia”. Così Silvia Luzi ha raccontato ai nostri microfoni com’è nato il lungo lavoro a quattro mani, prima di documentazione e poi di scrittura che ha portato alla sceneggiatura, alle riprese e al montaggio de Il cratere, unico film italiano presentato all’interno della Settimana della critica alla 74esima Mostra del cinema di Venezia e girato nella zona tra Napoli e Caserta. Primo film di finzione per la coppia di documentaristi, già autori de La minaccia (2008) e Dell’arte della guerra(2012).
L’idea dell’ossessione era presente già in sceneggiatura e poi tutto ha avuto finalmente senso quando al luna park i registi hanno visto Sharon Carocci esibirsi davanti alla giostra di famiglia dove “si vince sempre”, come urla il padre della ragazza per attirare clienti. L’uomo sta dietro al bancone ma in realtà pensa continuamente a come lanciare la figlia nella carriera di cantante neomelodica. Lì un talento ha la possibilità, grazie anche alle tv locali, di emergere in breve tempo e Rosario investe denaro e compromette il suo rapporto con la figlia inseguendo un sogno. Un sogno di riscatto, di un futuro diverso che è più suo che della figliola, ancora piccola e desiderosa di quell’infanzia fatto di gioco e confidenze con le amiche.
Rosario finisce per smettere di vedere davvero la figlia ma solo la sua immagine all’interno della telecamera, nei diversi filmini amatoriali realizzati già nell’infanzia della piccola, nelle telecamere che nasconde all’interno della casa. Supera il desiderio e perde totalmente la ragione imponendo alla figlia una disciplina e una dedizione di riscatto che la figlia non sente e non accetta a 15 anni.
Nella nostra intervista i registi ci raccontano anche lo stile di regia, il lavoro sugli spazi reali resi profondamente claustrofobico, perchè il desiderio di ribellione di entrambi sembrasse ancora più frustrato. Il lavoro sul tema dei vinti e tanto altro.

Il film è dedicato a Gianmaria Testa, tra i primi a conoscere il progetto e a vedere il mondo che volevamo raccontare come una stella luminosissima ma invisibile. La canzone ‘Na stella che chiude il film è l’unica cantata in dialetto napoletano dall’autore piemontese.

giovanna barreca