L’onda non troppo lunga di Lo chiamavano Jeeg Robot ha dato il suo primo frutto: I peggiori, esordio alla regia dell’attore Vincenzo Alfieri in cui, senza supereroi ma con inflessioni tra Batman e Kick Ass si cerca di dare una costanza a un filone fumettistico forse possibile per il cinema italiano.
Il film racconta di tre fratelli – uno sfaticato ilare, un depresso paralegale e una piccola sorella di lingua lunga e abilità informatica – che pressati da debiti e ingiustizie decidono di farsi giustizia da soli: l’iniziativa ha talmente fortuna che ne faranno un’impresa. Ma ovviamente c’è chi non vuole che i tre continuino.
Scritto dal regista con Alessandro Aronadio, Renato Sannio, Giorgio Caruso e Raffaele Verzillo, I peggiori è una commedia d’azione che sembra impiegare più energie a sintetizzare le numerose fonti d’ispirazione (Kick-Ass, Smetto quando voglio, i Manetti bros. e la loro versione del poliziesco nostrano eccetera) che a costruire un film coerente o credibile.
L’ambizione è quella di coniugare la commedia all’italiana, col suo occhio su vizi e virtù degli italiani, con i personaggi, le dinamiche e l’estetica (fotografia satura e acida di Davide Manca) nel nuovo cinema italiano che guarda al genere e a modelli tanto italiani quanto d’importazione: la volontà, la simpatia e anche il ritmo ad Alfieri non mancano. Ciò che manca a I peggiori è il senso della narrazione, i tempi e i toni giusti per rendere il film appassionante e un passo al di sopra delle macchiette e dei duetti comici che contrappuntano tutto il film, partendo dai protagonisti (Alfieri e il pur bravo Lino Guanciale) ai comprimari, Biagio Izzo escluso.
Suona tutto poco sincero in questo racconto a tappe obbligate, forzato, messo in posa come i poster o i film di serie B che Alfieri inquadra di continuo, come il continuo lamento populista (“Tanto siamo in Italia” è l’alibi di ogni cosa) di precari e proletari che sarebbe la cifra politica del film e che sfocia nello “ienismo” da telecamera nascosta come atto di eroismo anni ’10. I peggiori si fa preferire quando cerca la strada della gag o dell’umorismo visivo anche a sfondo action: chissà se nell’ambìto sequel – con una scena dopo i titoli che lo fa presagire – sarà la carta da giocare?
Emanuele Rauco per cinematografo.it