(Dalla nostra inviata Giovanna Barreca)
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16/11/10 – Ad Assisi, all’interno della rassegna Primo Piano sull’Autore dedicata a “I Gassman, di padre in figlio”, si è svolto anche un doveroso omaggio alla sceneggiatrice Suso Cecchi D’Amico che partecipò a diverse edizioni della manifestazione. Parte anch’essa di un’importante famiglia – come ricorda il libro “Una dinastia italiana. L’arcipelago Cecchi D’Amico tra arte, letteratura, giornalismo e politica” di Tullio Kezich e Alessandra Levatesi – Suso fu una donna tenace, sobria, capace di portare avanti e seguire con grande attenzione la sua impegnativa famiglia, di lavorare alacremente a più soggetti sapendo ascoltare con vera attenzione e interesse i suoi interlocutori. Qualsiasi fosse la loro condizione sociale, il livello di relazione che dovevano instaurare, Suso Cecchi D’Amico era in grado di creare un legame, una condizione di agio per l’interlocutore.
Delle tante parole usate durante il convegno, ci piace ricordare quelle di Mario Sesti che l’ha definita una donna “dalle tante idee e da un alto rispetto per la vita. Amava tanto il suo lavoro e gli attribuiva un valore così alto che non volle mai passare alla regia per non ‘buttar via’ soldi altrui. Nel lavoro sapeva mimetizzarsi in quel qualcosa che c’è prima del cinema”. A Caterina D’Amico abbiamo chiesto più il ritratto di una mamma, della sua “leggerezza di mamma”, di cui ci ha parlato con passione e sincerità, mentre da Francesco Bruni – sceneggiatore con Virzì di tutti i film realizzati dall’autore toscano da Ovosodo a La prima cosa bella – abbiamo chiesto un ricordo di quella che fu la sua prima maestra e non solo; nell’intervista ci parla di una Suso nonna capace di ascoltare e di accudire.
La sceneggiatrice che aveva un modo domestico di approcciare la cultura , che collaborò con Luchino Visconti, il regista più romantico, e con Mario Monicelli, il più cinico, ci ha lasciato pagine di ottimo cinema: più di 100 le sceneggiature scritte, tutte molto raffinate e attente a raccontare l’oggi (indagato anche attraverso attente ricerche nei tribunali italiani). La sua grandezza non era, secondo gli intervenuti, avere un suo stile: ci sono alcune sceneggiature con un’impronta così forte e caratteristico che si può riconoscere l’autore dopo poche righe, Suso invece aveva una creatività così forte da collaborare con quelle degli altri.