“Vivo a Gioia Tauro da 7 anni, è la mia base. La mia idea non era quella di raccontare immigrati e rom, perché parto sempre dai personaggi: nel caso di Mediterranea era Ayiva, stavolta Pio, che ho conosciuto quattro, cinque anni fa”.
Nel 2015 con Mediterranea aveva impressionato sulla Croisette (Semaine de la Critique), due anni dopo torna alla Quinzaine des Realisateurs di Cannes con il suo secondo lungometraggio A Ciambra: classe 1984, cresciuto tra Italia e Stati Uniti, è Jonas Carpignano.
Di Mediterranea ritrova il 14enne rom Pio Amato e Koudous Seihon (nome di finzione Ayiva), del Burkina Faso, e non solo loro. La Ciambra del titolo – e già di un cortometraggio che Carpignano ha girato nel 2014 – è una piccola comunità Rom nei pressi di Gioia Tauro, dove Pio Amato cerca di crescere più in fretta possibile, a quattordici anni beve, fuma ed è uno dei pochi in grado di integrarsi tra le varie realtà del luogo, ovvero italiani, immigrati africani e, appunto, i rom. Dal fratello Cosimo impara come stare per le strade della sua città, ma quando Cosimo scompare le cose si mettono male: Pio è pronto a diventare uomo?
“Pio ti colpisce subito, stavo facendo il casting, e vedo lui: giacca di pelle, sigaretta in bocca e me ne chiede un’altra. Lui è molto estroverso, ha un carattere particolare: per altri bimbi ero un clown, viceversa, lui voleva conoscermi”, ricorda Carpignano.
Che A Ciambra possa dare un’immagine negativa degli zingari non è in discussione: “In realtà parla abbastanza bene di loro, io li amo, questa è la mia famiglia. Per venire a Cannes sono usciti per la prima volta dal loro paese, e io ho un’ansia infinita per loro qui: non mi sono goduto la Croisette, ho preferito stare con loro”. E, ancora sulla raffigurazione della comunità rom, Carpignano aggiunge: “Volevo evitare il buonismo, i numeri tipo solo il 7% degli zingari rubano. Volevo entrare nella loro vita, amarli, sono persone come noi”.
Sulla genesi del progetto, e le modalità di scrittura: “Pensavo al film da cinque anni. Li frequentavo, scrivevo, sentivo una battuta che mi piaceva, tipo Pio: “Ora so leggere”, e inserivo questi momenti veri della loro vita. Ho girato per 91 giorni, la sceneggiatura c’era, ma è molto documentaristica”.
Tra le tante sorprese di questo bel film, c’è anche Martin Scorsese nel ruolo del produttore esecutivo: “Ha prima letto la sceneggiatura, dopo aver avuto un mio libro di fotografie sulla Ciambra. Poi, ha visto il film, mi ha dato consigli: gli è molto piaciuto, ed è emozionante poterlo dire. Scorsese è stato una guida spirituale”.
Infine, sulla ‘ndrangheta che entra in contato con la comunità rom, Carpignano conclude: “Non è come la camorra a Napoli, è una cosa sottile, entra nelle vite delle persone”.
A Ciambra non ha ancora distribuzione in Italia, ma confida Paola Malanga del coproduttore Rai Cinema l’avrà presto: “Un festival come questo è la migliore vetrina”.
Federico Pontiggia