Beyond Venezia

08/09/10 - Una mite domenica autunnale, un padre e un figlio che ingannano il tempo tra...



Ascolta l’intervista di RADIOCINEMA, a cura di Lia Colucci, a:

(Dalla nostra inviata Caterina Gangemi)

08/09/10 – Una mite domenica autunnale, un padre e un figlio che ingannano il tempo tra pesca, lettura e frammenti di conversazione immerse in una campagna maestosa e avvolgente. Si apre con un ritratto familiare colto in un momento di delicata e ritrovata intimità Oča (Dad), primo lungometraggio di finzione di Vlado Škafar, personalità di spicco nell’ambito della cinematografia slovena con la sua attività di regista e sceneggiatore, nonché co-fondatore della Slovenska Kinoteka e del festival internazionale Kino-Otok.

Con una narrazione solo apparentemente rarefatta, che, assecondando i tempi naturali della loro interazione, la pellicola descrive lentamente il suo protagonista adulto, nel procedere in questo tentativo di riappropriarsi di un rapporto genitoriale troppo a lungo trascurato. E decisivo, in tal senso, è, da un lato l’uso del linguaggio filmico caratterizzato da un uso della dissolvenza che pone il susseguirsi delle sequenze all’interno di un continuum che permette loro di compenetrarsi e fondersi le une nelle altre; dall’altro della suggestiva messa in scena che rafforza questo senso di fusione traendo ispirazione dai quadri di Camille Corot.

Ma la famiglia è al centro anche di un altro titolo in concorso alla Settimana della Critica, il drammatico Svinalängorna (Beyond), che segna l’esordio alla regia dell’attrice svedese Pernilla August. Anche qui, come nella pellicola precedente, al centro vi è un ricongiungimento, ma tra una madre in punto di morte e una figlia che fino a quel momento ne aveva rimosso la presenza, nascondendola perfino al marito e alle figlie. Saranno i flashback a rivelare le ragioni di tale negazione, scavando in un’infanzia dolorosa, fatta di alcolismo e violenze. Tratto dall’omonimo romanzo best-seller di Susanna Alakoski, Svinalängorna è un dramma familiare tipicamente scandinavo, onesto ed efficace, quanto non particolarmente originale per soluzioni visive e sceneggiatura, che trova il suo punto di forza in una protagonista femminile colta nelle sue due età: donna adulta solo in apparenza serena e appagata; bambina saggia e intelligente, costretta a bruciare prematuramente le tappe della sua crescita per prendersi cura di sé stessa e dei congiunti. Con una notevole Noomi Rapace, più nota come la Lisbeth Salander della trilogia Millennium, che, smessi i panni eccentrici dell’investigatrice-hacker, si cimenta in una prova intensa e convincente, in un ruolo finalmente all’altezza delle sue capacità.