Uno spazio labirintico dove una ragazzina sembra trovarsi in gabbia all’interno di una famiglia alla quale si è aggiunto un cugino. Camera da letto, cucina, giardino che ritornano come luoghi di scontri continui camuffati, almeno all’inizio, come i soliti momenti di scontro tra una sedicenne desiderosa d’indipendenza e una famiglia incapace di capire tale necessità. La strana richiesta di un lucchetto come dono per il sedicesimo compleanno appare ai due genitori solo come l’ennesimo segnale di tale voglia di libertà. Scopriranno solo alla fine che si trattava invece dell’unico modo che la ragazza voleva utilizzare per proteggersi.
One in denuncia a gran voce che spesso, con gli adolescenti, si danno tante cose per scontate e si trova superfluo, come sottolinea anche la regista: “chiedere prima di supporre”. Vasha Narace (classe 1985) sceglie tale tema per la sua opera prima, lavoro di diploma conseguito presso la New York Film Academy e, come racconta anche ai nostri microfoni, sta continuando un’opera di sensibilizzazione in tal senso, creando una comunità per vittime di violenza sessuale e soprattutto, nell’ascolto di diverse storie, sta cercando di capire come tornare a trattare l’argomento attraverso il linguaggio filmico.
Nel cortometraggio, presentato in concorso alla sesta edizione del Ca’ Foscari short film festival, complisce soprattutto la maturità di sguardo e la capacità di creare una situazione volutamente ambigua nel rapporto familiare, colpendo poi direttamente lo spettatore quando il segreto negli occhi e nel cuore della ragazzina viene svelato.
giovanna barreca