Sguardi sonori – Arthur e la vendetta di Malthazard
Pop e suoni classici per un’operazione commerciale
(Rubrica a cura di Emanuele Rauco)
13/01/10 – Tra i molti film d’animazione che hanno intrattenuto i bimbi durante le feste appena trascorse (anche perché di usare l’animazione per parlare agli adulti, il cinema euro-americano non ne ha intenzione), l’ultimo arrivato e forse il meno bello è il nuovo film di Luc Besson, seguito del successo “Arthur e il popolo dei Minimei”. Ma è anche quello che ha un progetto musicale diverso e particolare in mente.
Infatti, oltre allo score di Eric Serra, Besson unisce una raccolta di canzoni pop dell’ultimo anno reinterpretate da due gruppi di bambini, Le Minimoys band e Kidz bop kids: così le atmosfere fiabesche, l’uso di strumenti a corda pizzicata come l’arpa o la lira e i tappeti di archi, oltre ai classici ocarina e oboe per le tracce comiche, si scontrano con i ritmi incalzanti, i bassi possenti, gli arrangiamenti elettronici (e le voci stucchevoli) di queste cover non propriamente di prima qualità. Perché se lo score originale di Serra – storico collaboratore del regista francese – si ascolta quasi tutto di un fiato, così caloroso nell’alternare (molto più del film) l’avventura, la magia e l’ironia di un mondo sospeso tra disegni e carne, le canzoni cantate dai gruppi adolescenziali difettano di qualità nella scelta del materiale e di ridondanza nell’arrangiamento: il coro sempre presente, le voci infantili (pensate al Coro dell’Antoniano che canta Lady Gaga), i suoni sintetici e campionati e la pesantezza dei tocchi fiabeschi – ché siamo pur sempre in un film a cartoni – rendono i pezzi di futile pop anche più fastidiosi dell’originale. Si salvano solo i contributi dei cantautori come Viva la Vida dei Coldplay, I’m Yours di Jason Mraz e la schiettezza ritmica di Hot ‘n’ Cold di Katy Perry.
Il resto si spera di rimuoverlo al più presto, magari facendosi cullare dai suoni armoniosi e intelligenti di brani strumentali come The Royal Guest o Sublime, dimostrazione che questa operazione – visto che le canzoni non sono presenti nel film – è l’ennesima furbata commerciale di un regista-imprenditore che sembra in crisi creativa da quasi dieci anni.