“Il confine è solo una rete piena di buchi” ripetono ai nostri microfoni Antonio Augugliaro, Gabriele Del Grande e Khaled Soliman Al Nassiry, registi di Io sto con la sposa, presentato fuori concorso in Orizzonti alla Mostra del cinema di Venezia. E l’immagine della rete arrugginita che divide il confine collinare tra Francia e Italia, è una delle immagini pià forti del film e, se ce ne fosse bisogno, ulteriore elemento a riprova dell’affermazione teorica. L’opera presentata è un vero e proprio road movie che vede cinque palestinesi e siriani sbarcati a Lampedusa fuggire verso la Svezia. Per eludere i controlli si inventano un finto corteo nuziale e su diverse auto sperano in tal modo di arrivare a destinazione. Ma Io sto con la sposa è anche e soprattutto un film politico che dimostra come l’idea di confini sia ormai anacronistica ed essa stessa “piena di buchi”. Il film è un manifesto per i tre giovani registi che hanno lasciato le loro professioni di regista/montatore (Antonio), scrittore e giornalista (Gabriele) e di poeta e grafico (Khaled) per rischiare la propria libertà individuale (l’arresto per contrabbando) per garantirla ad altre 5 persone bloccate nel nostro Paese da una legislazione spesso lenta e/o cieca. Ma è un manifesto anche per la ragazza palestinese che si è messa in gioco e ha intrapreso il viaggio vestita da sposa, per una decina di amici italiani che si sono offerti di fare da finti invitati e per un’intera comunità virtuale fatta di oltre 2600 persone, provenienti da 38 paesi nel mondo, che in meno di 60 giorni, con piccole donazioni, ha permesso la raccolta di centomila euro, necessari per realizzare il film.
Si può parlare di grande crowfunding, si può leggere questo come un ottimo progetto indipendente ma il valore politico è quello che ha la forza per permettere a questo film di inziare una lunga strada per l’uscita in sala e per ottenere la visibilità necessaria e magari scatenare una discussione seria tra i nostri legislatori.
Quattro giorni di viaggio, tremila chilometri dove raccontare e raccontarsi per scoprire dolori e gioie di esistenze diverse. Un viaggio Milano-Stoccolma dove il confine diventa una strada o una rete da attraversare ma diventa anche un confine fatto di storie che smettono di vivere di loro personali dolori e diventano confessioni, sfoghi, volontà di condividere per rielaborare e andare avanti. Un trovare alla fine anche un luogo, uno spazio del possibile e del visibile anche filmico, capace di dissolvere ogni limite di racconto e di piano narrativo.
A Venezia il film è diventato l’evento: centinaia di spose hanno sfilato e portato fino al mare del Lido i messaggi per chi al nostro Mare non è arrivato. Per continuare la lotta e per non dimenticare mai.
giovanna barreca