La giovane autrice Greta De Lazzaris, francese ma in Italia dal 2002, porta in Italiana.doc al Torino Film Festival, Rosarno. Ma non si tratta di un documentario che torna ad analizzare la vicenda drammatica, la rivolta del 2010, nota alle cronache e profonda ferita – vergogna nazionale – per il comportamento dei cittadini italiani e le scelte della politica che cercò di gestire la situazione: fece evacuoare 2500 persone in 36 ore. Uomini e donne che erano scappati da guerre, persecuizioni e fame nella loro terra e che venivano cacciati. De Lazzaris racconta la pentola in ebollizione che poi scoppierà anni dopo; si trovava nella cittadina calabrese nel 2003 per effettuare tre giorni di documentazione sul lavoro per Medici Senza Frontiere. Torna da sola nel 2004 per nuove riprese e poi impiega nove anni per rielaborare quel materiale. Per trovare la capacità di raccontarci la sospensione degli uomini che vivono in questa terra e un giorno stanno nei campi a raccogliere agrumi fino a quando arriva la notte (e spesso senza essere pagati) e altri, arrivano quasi a picchiarsi per contendersi un materasso o dei vestiti. Le tensioni e le vite sospese in attesa di una partenza o chissà cos’altro. Un tempo dove la loro vita procede ma sembra fatta di “non tempo” perchè priva di prospettive.
De Lazzaris alla sua opera prima – dopo essere stata operatore di macchina e direttore della fotografia per diversi lavori di fiction e documentari (L’imbalsamatore, Primo amore, L’orchestra di Piazza Vittorio, Nadea e Sveta ecc) – ai nostri microfoni ci racconta come ha trovato la giusta distanza per narrare questa vicenda e come sia arrivata anche all’unica storia di speranza contenuta nel film: un pastore che ha adottato un bambino, donandogli amore e un’idea di futuro. “Purtroppo ci sono solo tentativi individuali, non c’è lavoro da parte delle istituzioni pubbliche” ci spiega l’autrice raccontandoci di questo felice incontro.
Il film è stato sostenuto anche da una campagna crowdfunding che ha permesso di terminare il montaggio del film, a cura di Aurelia Longo.
GIOVANNA BARRECA