Un premio alla carriera che diventa anche premio alla memoria quello che il Festival del Film di Roma assegnato ad Aleksei German, il maestro russo osteggiato a più riprese dalla censura sovietica scomparso il 21 febbraio scorso all’età di 74 anni. German, autore di 6 film in 45 anni di carriera – dal primo The Seventh Companion all’ultimo It’s Hard to Be a God -, ha influenzato fortemente la storia del cinema russo, tanto per le qualità filmiche e la ricerca linguistica delle sue opere, quanto per la tenacia con cui ha lottato contro il regime e i compromessi, lotta che gli è costata 13 anni di lavoro per realizzare il suo ultimo lascito.
Ritirato dalla moglie (anche produttrice e sceneggiatrice con il marito) e dal figlio cineasta Aleksei German jr., il premio permette al festival di rendere omaggio al maestro proprio proiettando l’ultimo film, una storia di fantascienza che diventa l’allegoria di un mondo prossimo all’estinzione, catapultato in un eterno medioevo, un film che rappresenta “la summa del cinema anti-industriale e senza compromessi” del cineasta, come ha definito il film il figlio, sul palco della sala Sinopoli. Un’opera che riscrive alcune coordinate del linguaggio cinematografico e al cui confronto “i film di Tarantino sembrano favole di Walt Disney“. Parola di Umberto Eco.
EMANUELE RAUCO